Tramite
l’applicazione di due importanti protocolli internazionali, il FATCA di matrice
americana e il CRS di matrice OCSE, sono di fatto crollati in questi ultimi
mesi i segreti bancari delle più importanti piazze finanziarie mondiali, tra
cui:
- SVIZZERA;
- SINGAPORE;
- ANDORRA;
- LIECHTENSTEIN;
- MONACO;
- SAN
MARINO;
- AUSTRIA;
- LUSSEMBURGO.
In
questa sede, ci interessa evidenziare quelle che sono le problematiche e le
dinamiche emergenti da tale evento, che in certa misura possiamo definire
“epocale”.
Gli
aspetti problematici, ovviamente, riguardano in primis coloro che detengono
capitali investiti in Istituti Bancari siti nei Paesi sopra citati e che NON
hanno dichiarato tali investimenti nel quadro RW della Dichiarazione dei
Redditi.
Tali
soggetti, infatti, finora erano sostanzialmente protetti dal segreto bancario:
l’Agenzia delle Entrate, infatti, anche qualora avesse sospetti su un soggetto,
non poteva chiedere alle autorità dei suddetti Paesi di controllare se questo
soggetto detenesse delle attività nella Banche del Paese, dato che la risposta
era che le Banche non potevano violare il patto di segretezza presente tra loro
ed i propri clienti.
Ora,
con l’applicazione dei due protocolli sopra citati, gli Istituti Finanziari di
tutti i Paesi appartenenti all’OCSE sono obbligati a fornire ad un database
centralizzato tutti i dati relativi ai propri clienti, alla loro residenza
fiscale, ai loro investimenti, agli interessi o dividendi, o plusvalenze
realizzate dagli stessi.
I
dati saranno monitorati a partire dall’anno 2014, e saranno trasmessi al
database centralizzato a partire dal 2017. Da tenere presente che l’accezione
“Istituti Finanziari” è amplissima e comprende, oltre alle Banche, anche le
Società Fiduciarie, i Fondi Pensione, i Fondi Comuni di Investimento, le SIM,
le Assicurazioni e, sotto alcune condizioni anche le Holding e i Trust.
Pertanto,
a partire dal 2017, l’Agenzia delle Entrate potrà consultare automaticamente i
dati di tale database centralizzato e verificare gli investimenti esteri di
ogni suo cittadino. Va da sé che saranno sanzionati immediatamente tutti coloro
i cui investimenti non corrispondono con quelli esposti nel quadro RW della
Dichiarazione dei Redditi.
È
anche importante ricordare che, qualora scopra un contribuente che non ha
dichiarato i propri investimenti esteri detenuti in Paese Black List (come ad
esempio la Svizzera), sarà applicata anche la presunzione che tali investimenti
siano derivanti da evasione fiscale e pertanto sarà onere del contribuente
provare il contrario.
La
situazione è particolare con la Svizzera, dato che ora alcuni Istituti di
Credito svizzeri si rifiutano di far prelevare i propri clienti qualora questi
non dimostrino che hanno regolarmente dichiarato le somme ivi presenti: il che
ha fatto partire una serie di contenziosi tra Clienti e Istituti il cui esito,
però non è univoco ed è differente da Cantone a Cantone.
In
tutto questo complicato processo si innesta la possibilità, offerta da molti
Paesi europei, Italia compresa, di aderire alla cosiddetta “Voluntary
Disclosure”. Tale procedura, che al momento ha avuto il primo via libera dalla
Camera dei Deputati e attende le ultime modifiche al Senato, consiste in una
sorta di ammissione del comportamento illecito del contribuente, il quale
riporta in Italia le somme estere, paga per intero le somme e le sanzioni
previste dall’ordinamento in cambio di un condono dal punto di vista penale.
È
però importante capire che si tratta di una modalità diversa dallo Scudo
Fiscale degli anni 2009-2010, in quanto mentre quello Scudo Fiscale era anonimo,
la Voluntary Disclosure è completamente trasparente: questa, infatti, prevede
che il contribuente, dati alla mano, si presenti all’Agenzia delle Entrate e
spieghi per intero la sua posizione.
Enrico Povolo
Enrico Povolo