La Cassazione ammette il credito d'imposta estero su utili di fonte Americana tassati in Italia con imposta sostitutiva

L'articolo di oggi riguarda la Sentenza della Corte di Cassazione n. 25698 del 1 Settembre 2022, la quale, in un caso di percezione di utili Americani da parte di un residente Italiano, ha ammesso lo scomputo dall'imposta sostitutiva Italiana del credito d'imposta estero Americano. La sentenza ha effetti dirompenti, dato che fino ad ora la tassazione Italiana di utili (e dividendi) Americani (così come di molti altri Paesi) è sempre avvenuta tramite applicazione di imposta sostitutiva senza possibilità di scomputare alcuna imposta estera. Vediamo nel dettaglio questa recentissima novità e le sue importanti conseguenze.


La causa oggetto della Sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 25698/2022 si può riassumere nel seguente modo:

1) Una persona fisica residente in Italia aveva maturato e percepito in un determinato anno utili da parte di una Partnership Americana di cui era socio per un ammontare di 1.102.792 euro.

2) Tale soggetto aveva ovviamente dovuto presentare la Tax Return Americana, all'interno della quale aveva sottoposto il reddito maturato a tassazione. Ricordiamo che il reddito di una Partnership è assoggettato anche in America a tassazione per trasparenza indipendentemente dalla percezione. Dalla Tax Return Americana era emerso un debito d'imposta pari a 299.820 euro, regolarmente pagato in America a titolo definitivo.

3) Trattandosi di un utile non solo maturato ma anche percepito (cioè distribuito dalla Partnership Americana al socio Italiano), il soggetto in questione aveva assoggettato a tassazione tale reddito anche in Italia, applicando l'imposta sostitutiva, che all'epoca era del 12,50% (mentre ora è al 26%). Il debito d'imposta emergente in Italia era il seguente:

Utile percepito x 12,50% = 1.102.792 euro x 12,50% = 137.849 euro.

Come noto, la percezione di utili anche da parte di entità estere trasparenti come una Partnership Americana è tassata in maniera analoga alla percezione dei dividendi (vedasi anche la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 9/E del 2015).
Da ciò discende l'applicazione dell'imposta sostitutiva che, come detto, all'epoca ammontava al 12,50%.

4) Nel compilare il quadro RM della Dichiarazione dei Redditi, il soggetto aveva verosimilmente compilato la Sezione V e dichiarato il reddito estero nel rigo RM12 indicando in:
- Col. 1: la lettera identificatrice del tipo di reddito percepito;
- Col. 2: il codice "069" che identifica il Paese di origine, cioè gli Stati Uniti d'America;
- Col. 3l'utile lordo percepito (1.102.792 euro);
- Col. 4: l'aliquota dell'imposta sostitutiva applicabile (12,50% all'epoca);
- Col. 5: l'ammontare del "CREDITO D'IMPOSTA ESTERO": qui il soggetto aveva verosimilmente riportato non l'importo totale delle imposte effettivamente pagate a titolo definitivo in America (299.820 euro), bensì l'importo dell'imposta calcolata in Italia (pari a 137.849 euro) in modo da abbatterla del tutto; facciamo presente che a partire dal 2020, tale colonna ha assunto il nome di "CREDITO IVCA", di cui diremo alla fine. 
- Col. 6: l'imposta dovuta, data dalla differenza tra gli importi di Col. 4 e Col. 5.: nel caso del nostro soggetto, zero.

5) Come noto, però, la normativa Italiana non ammette alcun credito d'imposta estero a scomputo delle imposte sostitutive e pertanto l'Agenzia delle Entrate aveva contestato l'utilizzo in detrazione del "Credito d'imposta Estero", emettendo al soggetto in questione un Avviso di Accertamento per l'importo dell'imposta sostitutiva di 137.849 euro.

6) Il contribuente ha resistito e la controversia, dopo i passaggi in CTP e CTR, è giunta agli Ermellini: qui la Suprema Corte con la sentenza n. 25698/2022 dà ragione al contribuente ammettendo in detrazione dell'imposta sostitutiva il credito d'imposta Americano.
Per capire la regioni di questa decisione storica, dobbiamo riferirci all'art. 23 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti ("Relief from double taxation") ed in particolare al paragrafo 3, che recita quanto segue:

3. If a resident of Italy derives items of income which are taxable in the United States under the Convention (without regard to paragraph 2(b) of Article 1 (Personal Scope)), Italy may, in determining its income taxes specified in Article 2 of this Convention, include in the basis upon which such taxes are imposed the said items of income (unless specified provisions of this Convention otherwise provide). In such case, Italy shall deduct from the taxes so calculated the tax on income paid to the United States, but in an amount not exceeding that proportion of the aforesaid Italian tax which such items of income bear to the entire income. However, no deduction will be granted if the item of income is subjected in Italy to a final withholding tax by request of the recipient of the said income in accordance with Italian law.

Nella sostanza il paragrafo 3 nella prima parte afferma che un residente Italiano che dovesse percepire dei redditi Americani potrebbe essere tassato in Italia a motivo della sua residenza. In tali casi l'Italia dedurrà dall'imposta calcolata nella Dichiarazione dei redditi l'imposta sul reddito già pagata in America, nella nota proporzione tra redditi prodotti in Italia e redditi prodotti all'estero.
Il paragrafo centrale è l'ultimo, che abbiamo sottolineato: qui si stabilisce che se l'imposta applicata in Italia su redditi percepiti dal residente Italiano è assoggettata a "final withhloding" cioè a imposta sostitutiva, allora nessuna detrazione delle imposte sui redditi pagate in America è ammessa.
Il focus, tuttavia, è da porsi su questo passaggio: l'applicazione dell'imposta sostitutiva deve essere fatta "by request of the recipient" e non obbligatoriamente, come invece è imposto attualmente dalla normativa Italiana.
Qui è da ricordare che la Convenzione tra Italia e Stati Uniti è stata firmata nel 1999 ed all'epoca era possibile optare per l'assoggettamento di taluni redditi esteri ad imposta sostitutiva oppure ad imposta ordinaria (progressiva), come è rimasto possibile fare ora per i redditi derivanti dagli interessi esteri.
La norma convenzionale, in sostanza afferma due principi:

1. La regola generale è quella dello scomputo delle imposte estere dall'imposta Italiana in modo da evitare la doppia tassazione.

2. Se, però, il residente Italiano, nell'applicare l'imposta Italiana OPTA per l'applicazione dell'Imposta sostitutiva (evidentemente per una maggiore convenienza) allora non potrà avere il vantaggio dell'imposta sostitutiva ED ANCHE del credito d'imposta estero: in questo caso, egli applicherà solamente l'imposta sostitutiva.

Vediamo un veloce esempio di opzione tra le due modalità di tassazione, NELL'IPOTESI in cui l'Italia ammettesse tale opzione (cosa possibile, come detto, al momento della firma della Convenzione nel 1999):
- immaginiamo che un residente Italiano percepisca un reddito Americano pari a 100, per il quale ha già pagato imposte definitive Americane pari a 10.
- immaginiamo che la tassazione ordinaria (progressiva) Italiana sia pari a 43.
- immaginiamo anche che l'imposta sostitutiva Italiana sia pari a 26.
NELL'IPOTESI in cui il nostro soggetto potesse optare tra tassazione ordinaria e tassazione progressiva, avremmo questi due scenari:

OPZIONE 1: TASSAZIONE ORDINARIA.
Tassazione ordinaria: 43
meno credito d'imposta Americano: 10
Imposta netta Italiana: 33

OPZIONE 2: TASSAZIONE SOSTITUTIVA.
Tassazione sostitutiva: 26.
(non è ammessa il credito d'imposta).
Imposta netta Italiana: 26
Il contribuente OPTEREBBE per la tassazione sostitutiva in quanto più conveniente.
Per contro, laddove fosse più conveniente, potrebbe optare per la tassazione ordinaria e lo scomputo delle imposte estere.


Tornando ora al caso esposto dalla Cassazione, il problema è che come detto il soggetto in questione non ha avuto alcuna possibilità di optare ("request") per il regime sostitutivo, essendo questo obbligatorio per legge.
Questo fatto fa emergere una doppia tassazione di fatto, dato che non è possibile in nessun caso adottare la tassazione ordinaria e scomputare l'imposta estera subita.
(Qui è da far notare che la normativa Italiana ha ammesso dei riconoscimenti "molto parziali" dell'imposta estera, come nel caso dell'applicazione della imposta sostitutiva sul "netto frontiera" (che è l'importo netto che arriva nelle casse del percipiente residente Italiano); analogamente anche la Circolare 9/E del 2015 adotta un analogo concetto per la tassazione degli utili derivanti da entità trasparenti estere).

La Cassazione ha fatto pertanto notare che nelle Convenzioni firmate più di recente (Arabia Saudita, Cipro, Corea, Filippine, Hong Kong, Malta, Monaco, Romania, Singapore) la locuzione riportata all'art. 23 "su richiesta del beneficiario del reddito" (di cui al testo della Convenzione Americana) è stata modificata in "anche su richiesta del beneficiario del reddito" ed addirittura nelle ultime Convenzioni firmate la locuzione è diventata un più netto "su richiesta o meno del beneficiario del reddito".
La conclusione che ne trae la Cassazione è che laddove la legge abbia voluto impedire sempre lo scomputo delle imposte estere dall'imposta sostitutiva, ciò sia stato specificamente indicato nella Convenzione una locuzione chiara ("su richiesta o meno del beneficiario del reddito"), mentre laddove la norma impedisca lo scomputo delle imposte estere solo laddove ci sia specifica opzione del contribuente per l'applicazione dell'imposta sostitutiva (come nel caso della Convenzione Americana), allora il diniego di questa opzione e l'obbligatorietà dell'imposta sostitutiva porta automaticamente con sé la possibilità di scomputo delle imposte estere dall'imposta sostitutiva Italiana. 

LE POSSIBILI CONSEGUENZE DELLA SENTENZA 25698/2022

Le considerazioni che si possono fare a questo punto sono numerose e tutte molto pregnanti.

A) ESTENSIONE A TUTTI I PAESI CON CONVENZIONE SIMILE A QUELLA AMERICANA

La sentenza 25698/2022 è senz'altro dirompente, dato che non si applica solo agli Stati Uniti ma in realtà a tutti i Paesi in cui la Convenzione riporta all'art. 23 la locuzione "su richiesta del beneficiario del reddito" che è la stragrande maggioranza dei casi.

B) ESTENSIONE AL CASO DELLA PERCEZIONE DI DIVIDENDI ESTERI

La sentenza estende i suoi effetti non solo agli utili percepiti da entità trasparenti estere, ma anche a tutti i soggetti che percepiscono dividendi da società estere, che è un caso frequentissimo, basti pensare a tutti i casi in cui il residente Italiano decide di investire in azioni estere e percepisce i relativi dividendi tramite un Intermediario residente in Italia: l'Intermediario ora potrebbe scomputare dall'imposta sostitutiva la ritenuta del 15% applicata in uscita dall'America.
Vediamo il seguente esempio.

COSA SUCCEDEVA PRIMA DELLA SENTENZA 25698/2022.
Il dividendo Americano di 100 percepito dal residente Italiano subisce una ritenuta convenzionale in uscita del 15% e pertanto il soggetto Italiano percepisce 85, il cosiddetto "netto frontiera".
Su questo "netto frontiera" si applicava l'imposta sostitutiva del 26%:
     85 x 26% = 22,1
Non essendo possibile scomputare alcunché dall'imposta sostitutiva, l'imposta Italiana era pari a 22,1 ed il netto finale per il residente Italiano era pari a:
     85 - 22,1 = 62,9

COSA POTREBBE (DOVREBBE) SUCCEDERE DOPO LA SENTENZA 25698/2022.
Il dividendo Americano di 100 percepito dal residente Italiano subisce una ritenuta convenzionale in uscita del 15%.
La tassazione in Italia però ora sarebbe fatta ad imposta sostitutiva del 26% sul lordo:
     100 x 26% = 26
Da quest'imposta sarebbe però possibile detrarre la ritenuta convenzionale in uscita del 15%:
    Imposta netta Italiana: 26 - 15 = 11
Netto percepito dal soggetto: 100 - 15 - 11 = 74.
Ci sarebbe pertanto una riduzione della tassazione Italiana dell'11,1% su tutti gli utili di fonte estera (laddove la ritenuta convenzionale in uscita fosse del 15%).

C) IL CASO DI PERCEZIONE DI UTILI DA ENTITA' TRASPARENTI ESTERE

Nel caso in cui il residente Italiano avesse ricevuto distribuzione di utili da società estere trasparenti (che è proprio il caso di specie della sentenza), si potrebbe arrivare ad una rilettura della Circolare 9/E del 2015.
Tale circolare, infatti, affermava che le distribuzioni (a nulla rilevando la maturazione) di utili da società trasparenti estere erano da trattarsi alla stregua di dividendi e pertanto erano da assoggettarsi ad imposta sostitutiva del 26%. Analogamente ai dividendi esteri, la cui base imponibile era il "netto frontiera" (cioè il lordo meno la ritenuta convenzionale applicata in uscita dal Paese della fonte), anche nel caso degli utili da entità trasparenti era ammesso abbattere la base imponibile dell'imposta sostitutiva Italiana in maniera proporzionale alle imposte pagate in America sui redditi "maturati" che fossero oggetto di distribuzione. Per i dettagli computazionali, rimandiamo al seguente nostro articolo:


Ora, con la sentenza in oggetto la dinamica potrebbe essere modificata nel senso che la base imponibile degli utili di fonte estera da entità trasparenti diventerebbe l'importo lordo percepito dal residente Italiano, e sarebbero conseguentemente ammesse in detrazione le imposte estere già pagate in America sui redditi maturati.
Qui il problema tecnico è quello di capire come scomputare dall'imposta sostitutiva Italiana relativa ad una distribuzione di utili dell'anno N, le imposte Americane pagate per trasparenza e maturazione negli anni precedenti (N-1, N-2, N-3, etc.).

D) COSA SUCCEDERA' NEL LUNGO TERMINE?

Ci si potrebbe chiedere quali saranno gli effetti "a lungo termine" di questa sentenza, ed in particolare se gli Intermediari residenti si fideranno a scomputare le ritenute convenzionali in uscita dalle imposte sostitutive che dovranno applicare ai propri clienti. E' probabile che ci siano degli Interpelli e che  possano arrivare delle potenziali risposte restrittive da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Analogamente è possibile che l'Agenzia delle Entrate non accetti tale sentenza e cerchi di "ribaltarla" con successive sentenze della Cassazione di senso inverso. Motivo per il quale non può essere preso questo primo passaggio giurisprudenziale come decisivo e che è suggeribile una certa prudenza.

E) IL CASO DEI CITTADINI AMERICANI RESIDENTI IN ITALIA

Proviamo anche a dare uno sguardo alle casistiche dei residenti Italiani che sono anche Cittadini Americani.
Qui possiamo evidenziare due filoni:

- Cittadini Americani che percepiscono dividendi da propri investimenti detenuti presso Società Finanziarie Americane: in tal caso le cose non cambiano molto rispetto a prima, giacché come sappiamo le Società Finanziarie Americane non applicano praticamente mai le ritenute convenzionali in uscita al Cittadino Americano, consci del fatto che questo è obbligato comunque a presentare la Tax Return Americana a motivo della Cittadinanza. In relazione a ciò, l'imposta sostitutiva del 26% in Italia non sarà in nessun caso abbattuta dalla ritenuta in uscita (che non esiste) e pertanto il problema non si pone.

- Cittadini Americani che ricevono distribuzioni di utili maturati in capo ad entità trasparenti, siano esse delle Partnership (LP, Limited Partnership), delle LLC (Limited Liability Company) e delle S-Corporation.
In tali casi si arriva allo scenario indicato nella precedente lettera C), col problema di capire se da un lato è il caso di fidarsi a detrarre le imposte Americane pagate sugli utili in maturazione dall'imposta sostitutiva Italiana (orientamento giurisprudenziale non definitivo) e dall'altro di capire come calcolare l'imposta Americana afferente ad una determinata distribuzione di utile formatosi in anni precedenti.

F) COME SI PUO' SCOMPUTARE L'IMPOSTA ESTERA NEL QUADRO RM?

Da ultimo, ci poniamo anche un importante problema pratico: ipotizziamo la percezione di un dividendo estero ed immaginiamo che il percipiente residente Italiano voglia iniziare a scomputarsi le ritenute convenzionali subite in uscita dal Paese della fonte. Immaginiamo che il soggetto detenga l'investimento direttamente, senza l'intermediazione di una Banca Italiana.
Come si può scomputare la ritenuta convenzionale dall'imposta sostitutiva dentro al quadro RM?

Qui facciamo un passo indietro e richiamiamo quanto detto in precedenza nel caso oggetto della Sentenza 25698/2022; la compilazione del quadro RM è la seguente:
Col. 1: la lettera identificatrice del tipo di reddito percepito;
Col. 2: il codice "069" che identifica il Paese di origine, cioè gli Stati Uniti d'America;
Col. 3l'utile lordo percepito;
Col. 4: l'aliquota dell'imposta sostitutiva applicabile (attualmente il 26%);
Col. 5l'ammontare del "CREDITO IVCA": IVCA sta per "Imposta sul Valore dei Contratti Assicurativi" ed è una colonna che è stata modificata nel 2020. In precedenza era semplicemente una colonna in cui si inseriva il "Credito d'imposta estero". La modifica era da leggersi nel solco dell'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate che impediva lo scomputo di credito da imposte estere nei caso di applicazione di imposte sostitutive. Il Credito IVCA è un credito attualmente ammesso a scomputo delle ritenute, nel caso di redditi derivanti da contratti assicurativi. 
Ora, nel caso in cui si volesse andare a scomputare la ritenuta convenzionale (ma anche ogni altra imposta estera) dall'ammontare dell'imposta sostitutiva calcolata in quadro RM, l'unica possibilità operativa sarebbe quella di utilizzare la Colonna 5 e cioè il credito ora denominato IVCA.

Il problema che si pone, però, è duplice:
- da un lato, si sta utilizzando per un credito d'imposta estero generico una colonna che è destinata per uno specifico credito d'imposta sui contratti assicurativi.
- dall'altro la compilazione di questa colonna rende immediatamente evidente all'Agenzia delle Entrate il "tentativo" di adottare l'interpretazione ora emergente della sentenza 25698/2022, con la possibilità che l'Agenzia possa contestare con una certa facilità e sistematicità tutti coloro che la compilano.


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Da tener presente che quest'ultimo articolo è antecedente alla novità di cui si riferisce nel presente post.


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