Vediamo innanzitutto quali sono le caratteristiche tipiche della fattispecie che parrebbe attirare l'attenzione del Fisco Italiano; i punti salienti sono i seguenti tre:
1) il soggetto Italiano
che detiene l'immobile non è iscritto all'AIRE e pertanto è considerato un
residente fiscale Italiano.
2) l'immobile di cui il
soggetto è proprietario non è stato indicato nel quadro RW della sua
dichiarazione dei redditi Italiana oppure la dichiarazione dei redditi Italiana
non è stata nemmeno presentata.
3) L'immobile è detenuto
nella contea di Miami (Miami-Dade County, la quale comprende non solo la città
di Miami ma anche il distretto di Miami Beach).
Analizziamo punto per punto questi tre elementi.
Il primo punto può
sembrare per certi aspetti ovvio, dato che il Fisco Italiano è interessato ai
soggetti non residenti in Italia esclusivamente per i loro redditi di fonte
Italiana. Pertanto la necessità di essere residenti in Italia è fondamentale
per attirare l'attenzione del fisco. Qui però è bene fare alcune considerazioni
di tipo pratico che spesso sfuggono ma che sono senz’altro rilevanti per
impostare correttamente la propria posizione fiscale a livello internazionale.
Ipotizziamo che il nostro
soggetto-tipo sia un Cittadino Italiano che si sia trasferito definitivamente
con l’intera famiglia in America e che per questo motivo abbia deciso di
acquistare un immobile da adibire a propria abitazione. Ipotizziamo altresì che
tale immobile sia sito, per l’appunto, a Miami. Il nostro soggetto, però, al
momento di partire per gli USA non si è iscritto all’AIRE, né si è iscritto
successivamente.
La mancata iscrizione
all’AIRE può essere determinata da tre fondamentali ordini di ragioni:
- il soggetto non è a conoscenza della problematica AIRE e ciò talvolta è causato dal fatto che egli non si rivolge o non informa il proprio Consulente Italiano circa la sua intenzione di espatriare: egli ritiene che il fatto di trasferirsi in un altro Paese lo esima da ogni altra obbligazione fiscale Italiana.
- Il soggetto è a
conoscenza della problematica AIRE, però decide “momentaneamente” di non
iscriversi, giacché o l’obbligo di iscrizione scatta solo dopo 12 mesi di
residenza estera, o il soggetto che parte non è sicuro sulla propria permanenza
definitiva all'estero e istintivamente preferisce iscriversi all’AIRE solo
qualora le condizioni di permanenza all’estero si siano consolidate.
- Il soggetto è a
conoscenza della problematica AIRE ed è altresì sicuro che il suo trasferimento
all’estero sia permanente, però mal sopporta alcune delle conseguenze che
l’iscrizione all’AIRE comporta.
L'iscrizione all'AIRE, come noto, ha infatti molteplici conseguenze:
a) il diritto di voto per le consultazioni elettorali e referendarie può essere esercitato all'estero;
b) tutta una serie di
documenti e certificati può essere richiesta o rinnovata presso le autorità
Consolari del Paese Estero dove si risiede;
c) c'è la perdita del
diritto al medico di base;
d) c'è la perdita all'assistenza
sanitaria ospedaliera gratuita;
e) c'è la perdita dell'agevolazione
connessa alla riduzione del prezzo dei medicinali.
f) è invece mantenuta l'assistenza
sanitaria urgente, che si può estendere fino ad un massimo di 90 giorni, anche
non consecutivi;
g) gli automezzi di cui il
soggetto è proprietario, dopo 6 mesi di residenza estera, devono essere
immatricolati nel Paese di residenza estera.
Queste conseguenze, ed in
particolare le limitazione riguardanti
Per tutte le suddette
ragioni, molti Cittadini Italiani che espatriano dall’Italia tendono a non
iscriversi all’AIRE al momento dell’uscita e tale scelta è successivamente
mantenuta, più o meno consapevolmente.
Facciamo per contro notare
che, tranne alcuni casi connessi con le ipotesi di distacco estero, laddove ci
sia un trasferimento all’estero dell’intero nucleo famigliare è sempre
importante valutare attentamente l’iscrizione all’AIRE al momento dell’uscita.
Valgano infatti le
seguenti considerazioni:
1) se l'iscrizione all’AIRE di un Cittadino
Italiano che si trasferisce in America è avvenuta, per ipotesi, il 6 Marzo 2017
ed il soggetto è rimasto in America fino al 28 Febbraio 2018 rientrando poi in
Italia, tecnicamente l'iscrizione all'AIRE non sarebbe obbligatoria (periodo
inferiore ai 12 mesi), ma è comunque da consigliarsi, dato che l’iscrizione
costituirebbe prova che il soggetto è non residente in Italia per l'anno 2017 (maggioranza
del periodo d'imposta passata in un Paese estero).
2) quando la partenza
avviene nel primo semestre solare, in particolare, è sempre consigliabile l'iscrizione
all'AIRE, dato che questa permette l'eventuale status di non residente per l'anno
in corso.
3) se, per contro, la
partenza avvenisse nel secondo semestre solare, questa partenza, anche laddove
fosse "certificata" dall'immediata iscrizione all'AIRE, non potrebbe
comunque evitare di considerare il soggetto come residente fiscale in Italia
per l'anno considerato.
4) nel momento del rientro
in Italia basta semplicemente cancellarsi dall’AIRE e iscriversi nuovamente all'Anagrafe
del Comune Italiano di residenza: questo atto comporta l'immediata attivazione
di tutte le tutele sanitarie e dei diritti di Cittadino Italiano.
L’importanza dell’iscrizione all’AIRE è stata recentemente confermata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16.634 pubblicata il 25 giugno 2018, che ha ulteriormente ribadito il filone giurisprudenziale “formalistico” già intrapreso dagli Ermellini secondo cui l'art. 2 del TUIR (che stabilisce che un soggetto è sempre residente in Italia per il solo fatto che sia iscritto all'Anagrafe Italiana per la maggioranza del periodo d'imposta considerato) non ammette prova contraria.
Questo filone
giurisprudenziale incontra una forte opposizione da parte della dottrina dato
che appare, nella sostanza, contrario alla logica delle Convenzioni
Internazionali contro le doppie imposizioni. Sappiamo infatti che le
Convenzioni Internazionali regolano (usualmente all'art. 4) i conflitti di
residenza tra due Paesi e sappiamo altresì che le norme Convenzionali sono
gerarchicamente superiori alle norme interne. Sembrerebbe dunque apparentemente
facile sostenere la tesi secondo cui, laddove l’art. 4 della Convenzione tra
Italia e Stati Uniti sancisca che la residenza fiscale del nostro soggetto sia
in America, questo dato giuridico non possa essere ignorato dalla norma interna
Italiana.
Tuttavia l’interpretazione
“formalistica” tende ad aggirare questa interpretazione sostanziale (il
“percorso” giuridico seguito dalla Cassazione non rientra negli scopi del
presente scritto) e rende di fatto inoperante in questo caso l’art. 4 della
Convenzione.
È palese l'iniquità
teorica che ne deriva:
Nel caso del nostro
soggetto trasferitosi definitivamente in America:
- l'art. 4 della
Convenzione identifica l'America come Paese di Residenza fiscale.
- l'art. 2 del TUIR (secondo
l’interpretazione formalistica) identifica l'Italia come Paese di residenza
fiscale, a causa del dato formale connesso alla mancata iscrizione del medesimo
soggetto all'AIRE.
Ne consegue che l'iscrizione all'AIRE è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per potersi qualificare come non-residente.
Veniamo ora all'analisi
del secondo punto e del terzo punto della fattispecie incriminata:
2) l'immobile non è stato
indicato nel quadro RW della dichiarazione dei redditi Italiana oppure la
dichiarazione dei redditi Italiana non è stata nemmeno presentata.
3) L'immobile è sito nella
Contea di Miami.
Partiamo da quest'ultimo. Non è chiara quale sia la genesi del controllo, se derivi da uno scambio di informazioni automatico o da un'acquisizione di banche dati Americane Federali o Statali da parte dell'Agenzia delle Entrate.
L'Agenzia delle Entrate, una
volta appurato che il soggetto non iscritto all'AIRE è detentore dell’immobile
a Miami, controlla la sua dichiarazione dei redditi Italiana per vedere se lo
stesso ha indicato l'immobile all'interno del quadro RW: laddove tale
indicazione non ci sia, o laddove la dichiarazione non sia stata presentata, scatta
il questionario.
Si potrebbe pensare che
tale richiesta di informazioni sia tuttavia piuttosto innocua, ma in realtà
sottende ad un problema di più larga portata.
Infatti, la richiesta di
informazioni delle Autorità Italiane non è limitata alla eventuale
contestazione della mancata compilazione del quadro RW (sanzionato al 3%, come
ben sappiamo, con possibilità di operare anche il cosiddetto "ravvedimento
operoso lungo" in caso sia stata presentata la dichiarazione in Italia).
Né preoccupa più di tanto
il mancato pagamento dell'IVIE, che sappiamo ha un impatto piuttosto ridotto in
termini quantitativi e può essere anch'essa ravveduta. Gli effetti della
mancata indicazione in quadro RW o del mancato pagamento di IVIE non sono
particolarmente problematici nel caso in cui il soggetto abbia prodotto (e
dichiarato) i propri redditi in Italia.
Il problema, invece, si
pone se il soggetto ha prodotto (e dichiarato) i propri redditi in America: il
problema, infatti, è che la detenzione di questo immobile a Miami “evidenzia”
al Fisco Italiano il soggetto e tutti i suoi redditi ovunque prodotti, mentre
lui, per contro, si crede residente fiscalmente solo in America.
A questo punto il soggetto,
dopo aver ricevuto la richiesta di informazioni tramite il noto questionario di
cui all’art. 32 DPR 600/73, si trova in una posizione complessa: se gioca la
sua difesa dichiarandosi non residente in Italia (cosa che corrisponde alla
realtà dei fatti) mette l’Agenzia nelle condizioni di chiedergli la sua
dichiarazione dei redditi estera, con il che egli informerebbe automaticamente
l’Agenzia dell’ammontare dei suoi redditi esteri. Se invece dovesse dichiararsi
residente fiscalmente in Italia (in ossequio all’interpretazione formalistica
dell’art. 2 TUIR), si troverebbe senza alcuna difesa qualora l’Agenzia delle
Entrate fosse a conoscenza del fatto che egli ha prodotto redditi esteri.
In entrambi i casi, ci
sono serie probabilità che l’Agenzia recuperi a tassazione in Italia tutti i
redditi che il soggetto ha prodotto in America, e sui quali ha già pagato le
imposte Americane, cosa che può portarlo a pagare un differenziale di imposte
di proporzioni rilevanti, essendo la tassazione su base personale Americana
inferiore a quella Italiana.
Il tutto avviene senza che
il soggetto si sia minimamente preoccupato e talvolta nemmeno percepisca il
pericolo della mancata iscrizione all'AIRE combinato con la detenzione del suo
immobile a Miami.
In conclusione è bene
valutare sempre attentamente l'iscrizione all'AIRE per i soggetti che vogliano
trasferirsi in un Paese estero, in particolare se si trasferiscono in zone dove
c'è storicamente un'alta presenza di Italiani e ancor più se sono interessati a
fare un investimento immobiliare.
Con l'iscrizione all'AIRE,
infatti, si toglie al Fisco Italiano la possibilità di utilizzare l'interpretazione
formalistica attualmente prevalente in Cassazione e si impone che la
valutazione della residenza passi attraverso l'art. 4 della Convenzione, la
quale concede ben maggiori garanzie di riconoscimento di residenza estera nel
caso di trasferimento effettivo.
È altresì importante
valutare attentamente gli effetti fiscali di una eventuale “volontaria” mancata
iscrizione all’AIRE: il mantenimento del medico di base e della copertura
sanitaria Italiana può portare al pagamento di un prezzo salato in termini di
maggiori imposte e sanzioni, prezzo di cui il soggetto solitamente non ha
contezza alcuna.
Enrico Povolo