Alcune criticità della sanatoria FATCA: i Conti Correnti aziendali e i Fondi Comuni d'Investimento

Il presente post si pone l'obiettivo di affrontare due "criticità" della Streamlined Foreign Offshore Procedure:
1) come dichiarare i conti correnti societari ai fini della Dichiarazione FBAR;
2) come dichiarare i redditi derivanti da Fondi Comuni d'investimento (e strumenti finanziari similari).


Il primo punto si riscontra molto frequentemente e riguarda tutti quei soggetti che sono delegati alla firma di un conto corrente bancario che non è intestato direttamente a loro ma ad una delle seguenti entità:

- Società  Commerciali (s.s., s.n.c., s.a.s., s.r.l., s.p.a., s.a.p.a, ecc.);
- Società Cooperative;
- Associazioni Professionali;
- Condomini;
- Consorzi;
- Associazioni Temporanee di Imprese;
- Trust;
- Enti non Commerciali (Associazioni, Comitati, ONLUS, Fondazioni, ecc.).

Il problema che stiamo affrontando si pone laddove un Cittadino Americano sia delegato alla firma del conto corrente bancario di una delle entità suddette: ciò, tra l'altro, capita quasi sempre (anche se non necessariamente) per il fatto che il Cittadino Americano è legale rappresentante di una di queste entità. Il caso classico è il Presidente del CdA di una s.r.l. che è anche il firmatario del conto corrente bancario.
Si ricorderà che la normativa FBAR prevede che siano dichiarati nel modello FBAR tutti i conti correnti dei Cittadini Americani, anche quelli dove lo stesso non sia titolare, ma solo legale rappresentante.
Prima di addentrarci nella questione, è bene però chiarire una questione preliminare e cioè il caso del cosiddetto conto corrente aziendale, quello che riguarda:
- le imprese inidividuali;
- i professionisti indivuali.
In questo caso non c'è alcun dubbio che tali conti correnti siano senz'altro da dichiarare nel modello FBAR, dato che il Cittadino Americano ha la titolarità del conto corrente. A nulla vale il fatto che tali conti correnti siano "destinati" all'attività imprenditoriale o professionale.

Tornando al caso delle entità di cui si è detto sopra, è necessario prendere in considerazione due casi:
1) il caso in cui il Cittadino Americano NON SIA SOCIO della entità in questione;
2) il caso in cui il Cittadino Americano SIA SOCIO della entità in questione.

Nel primo caso, il report nel modello FBAR va fatto, ma con delle informazioni limitate, in quanto si riportano solamente i seguenti dati:
- Denominazione della Entità;
- Indirizzo;
- Codice Fiscale della Entità.
Non sono da riportare né il numero del conto corrente bancario, né, soprattutto, l'ammontare massimo raggiunto dallo stesso nell'anno di riferimento.

Nel secondo caso, per contro, il report va fatto nel modello FBAR in pieno, cioè come nel caso si trattasse di un conto corrente relativo ad una persona fisica.
La normativa FBAR prevede, tra l'altro, anche una particolare modalità operativa nel caso in cui i conti correnti da dichiarare siano più numerosi di 25.

Per ciò che concerne, invece, la seconda "criticità" e cioè i Fondi Comuni d'Investimento, per capire il problema è necessario fare un passo indietro per rifarsi ad una normativa Americana del 1997 che ha, di fatto, stabilito una tassazione di tipo sostanzialmente "punitiva" per i Cittadini Americani che investissero in Fondi Comuni di Investimento (e strumenti finanziari similari) che non fossero Americani.
Tale normativa ha dato subito origine a moltissime critiche, sia per la sostanziale iniquità della stessa, sia per le pesanti ripercussioni tecniche relative a Cittadini Americani che avevano investito in Fondo Comuni non Americani.

Ora, non entreremo nel dettaglio della questione, che si presenta come veramente molto complessa. Eventualmente gli interessati possono contattarci per avere dei dettagli.
Il punto che conta è che ci due opzioni di tassazione dei rendimenti dei Fondi Comuni "Esteri":
- il metodo della trasparenza;
- il metodo della tassazione del maturato ad aliquota piena.

Il metodo della trasparenza è senz'altro il più favorevole dal punto di vista fiscale, ma impone al soggetto un enorme (e tecnicamente quasi impossibile) aggravio burocratico. Esso infatti prevede che il soggetto che investe in un Fondo di Invetimento Estero sia tassato per trasparenza su tutte le plusvalenze e minusvalenze che il Fondo stesso realizza in un certo anno di riferimento. Pertanto, il soggetto è trattato come una sorta di "socio" del Fondo che dichiara, per la sua quota parte, tutte le plusvalenza e tutte le minusvalenze che il Fondo medesimo ha realizzato.
L'enorme problema connesso con tale punto è che dare contezza delle plusvalenza e delle minusvalenza realizzate da un Fondo è un'opera gravosissima (e molto costosa in termini di consulenza) e di fatto è un sistema praticamente non utilizzato.

La seconda opzione, invece, ha dalla sua la maggiore facilità di applicazione ma è nettamente punitiva in termini di tassazione.
Infatti in questo caso il Cittadino Americano che ha investito in Fondi Comuni Esteri è tassato:
- per tutte le plusvalenze MATURATE (NON REALIZZATE) dal Fondo.
- tali plusvalenze sono tassate NON con l'aliquota classica della tassazione del capital gain (solitamente il 20%) ma con l'aliquota marginale del reddito.
In altre parole il Cittadino Americano è tassato per un reddito che è solo maturato e non è ancora realizzato, da un lato, e dall'altro deve sommare tale plusvalenza ai suoi redditi ordinari (lavoro, affitti, ecc.) e calcolare le imposte su un'aliquota marginale che è senz'altro maggiore del 20% classico. Si può arrivare perfino a tassare tale plusvalenza col l'aliquota marginale massima, quella del 39,6%.

Tra l'altro, in presenza di Fondi Comuni Esteri, è anche chiesto al Cittadino Americano di compilare uno specifico Form, il Form 8621, proprio per indicare correttamente la scelta dell'opzione di tassazione e tutti gli elementi per il calcolo dell'imposta.

Non crediamo necessario dover esprimere commenti ulteriori sulla questione che appare senz'altro molto pesante ed iniqua: sia solo chiarito che tale situazione non è causata dalla noramtiva FATCA, ma dalla combinazione della stessa con precedenti norme Americane che non avevano nessun intento di colpire i Cittadini Americani all'estero, intendendosi chiaramente rivolta solo ai Cittadini Americani residenti negli USA.

E' sperabile che ci sia in futuro un alleggerimento di tutte queste problematiche burocratiche, onde permettere anche ad un Cittadino Americano residente all'estero una "normale" gestione finanziaria del proprio patrimonio.

Enrico Povolo